Il tempo di Nera era vecchio, e non capirai; alle età della Rossa potente
vicino, o di quella spinosa, quando eran dee Serpentesse, e il mondo
violenze vibrava e presagi; libere e incerte le forme.
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Sono, i racconti di Simona Friuli, segnati da presenze pressoché
costanti: un re, una regina e una figlia, al solito singolare, se non
mostruosa. Sono queste ultime, le figlie, le vere protagoniste: soggette
solo a se stesse e al richiamo del sangue, arse dall’eros ma libere dal
giogo maschile o, al più, indocili spose o in procinto di diventarle,
comunque mai madri (le madri, se compaiono, hanno funzione marginale se non
negativa: tutrici d’ordine, segregatrici, mercantesse, a volte, delle loro
stesse figlie). Il maschile ha ruolo minimo, è un intruso, violatore in
fondo impotente, soggetto ai raggiri e ai desideri delle femmine, padrone
del campo. Le storie e i personaggi di Indomite hanno radici robuste:
affondano nell’antica tradizione delle fiabe (non però in quella edulcorata
delle "fiabe per bambini") e nella più nuova tradizione del raccontare
femminile. Presenze illustri e rivendicate, accanto a molte altre, segrete:
l’Angela Carter del Book of fairy tales, l’Heinrich von Kleist di
Pentesilea, il Cesare Pavese di Dialoghi con Leucò. Sul piano
formale, il libro presenta una scrittura personalissima, sorretta da un
linguaggio sontuoso, intessuto di termini arcaici, recuperati e talora
reinventati, che nel susseguirsi di figure retoriche, grammaticali e di
contenuto, conquista con una barocca musicalità, quasi ipnotica. |