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Poliedrico come il suo autore, Mai affezionarsi a una ricetta è un
romanzo spiazzante, dove un argomento potenzialmente terribile, come quello di
ritrovarsi da un momento all’altro fortemente penalizzati nella mobilità, viene
trattato in punta di piedi e con il sorriso sulle labbra. I ricordi si
intrecciano al presente, il prima e il dopo si rincorrono, talvolta fa capolino
una punta di rabbia, mai rivolta alla nuova condizione, semmai a chi, intorno,
non dà segno di comprenderla. E sembra di rivivere con l’autore ogni passo della sua
vita, sembra di sentire la musica, onnipresente amante e amata, accompagnarlo
prima e dopo, coniugandosi diversamente ma senza mai smettere di offrire un
senso al suo tempo.
Non c’è nostalgia nel riandare con la mente ai cani, amici
di percorso tanto cari, oppure alla madre, fragile e dolce, e neppure alle
scorribande notturne per i locali di Milano o alle bischerate compiute da
bambino. Semmai la carezza del ricordo e la consapevolezza, maturata dopo, che
la vita può diventare più preziosa quando ti sfida. Ed ecco nascere nuove forme
di espressione, prima solo in nuce, che si affiancano alla musica, come la
pittura e la poesia, e poi, naturalmente, la prima opera di prosa, Mai
affezionarsi a una ricetta, che di poesia e musica è intrisa in modo
indistricabile. Il libro si chiude con la silloge poetica Cento di cento,
composta dall'autore nel corso di alcuni dei fatti narrati nel romanzo. |