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Poco conosciuto dal grande pubblico, ma
onnipresente in sterminate bibliografie, Elämänpuu è il libro che più di ogni
altro ha dato un contributo imprescindibile alla ricostruzione della più arcaica
cosmologia elaborata dall'umanità.
Attorno ai mitemi del pilastro cosmico,
della montagna celeste e dell'albero della vita – invisibili connessioni tra la
terra e il cielo, tra il centro del mondo e il polo celeste – ruota una topografia
antichissima e assai ben strutturata, nell'ambito della quale vengono
riformulati i principali temi universali: il mito di origine dell'uomo, la
natura dei fiumi del paradiso, il ruolo della dea madre, la predeterminazione
celeste del destino umano.
Tra i massimi etnologi del Novecento, Uno Harva procede confrontando tra loro
un gran numero di immagini mitiche tratte dalle tradizioni di tutti i popoli
dell'Eurasia, mostrandole come disiecta membra di
un'unica, pervasiva concezione del kósmos. Le imponenti ziqqurat della
Mesopotamia si riflettono nello Harā Berezaitī degli antichi irani e nel monte
Sumeru della cosmologia indiana, mentre il frassino Yggdrasill trova i suoi
corrispettivi nelle sorprendenti rappresentazioni dendriche dei popoli altaici. Ed è proprio nelle desolate vastità della Siberia che
quest'immensa
impalcatura cosmica trova la sua naturale collocazione nelle concezioni e nelle
pratiche dello sciamanismo.
Uscito in finlandese nel 1920, ma noto per
l'edizione ampliata in tedesco uscita due anni dopo, questo densissimo saggio
di Uno Harva ha dato un importante impulso alla nascente storia delle religioni
e alla mitologia comparata. Libro generoso, seminale, e per questo saccheggiato
a piene mani, L'albero della vita è stato decisivo per i lavori di molti dei
maggiori studiosi della disciplina, quali Joseph Campbell, Jan de Vries, Mircea
Eliade.
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