Krúdy Gyula
(Nyíregyháza, 1878 – Budapest, 1933)
si dedica, fin da giovanissimo, alla scrittura di novelle e articoli per i
quotidiani. Nel 1896 si trasferisce a Budapest, dove la sua vena di scrittore e
pubblicista prende impulso grazie anche al vivace e stimolante clima culturale
che si respira in quegli anni nella capitale, in occasione delle celebrazioni
per il Millennium. Nei suoi racconti, Krúdy descrive l’Ungheria più
autentica, radicata negli antichi valori e nelle tradizioni, con i suoi sapori,
i suoi profumi, le sue passioni. I suoi personaggi vivono in una dimensione dove
spazio e tempo non sono sempre cronologicamente definiti e dove i ricordi, i
sogni, le visioni creano suggestioni delineate da una prosa di ampio lirismo e
modernità.
La sua vasta produzione letteraria (romanzi, novelle, articoli, opere
teatrali…), che consentì a Krúdy un tenore di vita talmente spregiudicato e
sregolato da condurlo a un grave stato di prostrazione fisica e quindi di
indigenza. Dopo gli anni dei successi editoriali, venne quasi dimenticato dal
pubblico anche se continuò a essere amato e apprezzato dai colleghi scrittori e
dagli intellettuali. Morì oppresso dai debiti e dalla malattia nel 1933. Ma
pochi anni dopo, il suo grande estimatore di Márai Sándor riaccese le luci
sull’opera e sulla figura di Krúdy grazie al romanzo Szindbád hazamegy
“Sinbād torna a casa”, 1940), restituendogli il posto che gli spettava tra i
grandi scrittori ungheresi.
In lingua italiana, di Krúdy, si possono leggere le seguenti opere:
A vörös postakocsi (1913) → La carrozza cremisi (Torino 1983);
Napraforgó (1918) → Girasole (Milano 2009);
Asszonyságok díja (1920) → Il giorno delle donne (Roma 2010);
Aranykézutcai szép napok (1916) → Via della mano d’oro (Torino
1982).
Le seguenti pubblicazioni propongono in traduzione italiana parte dell’ampia
produzione novellistica dell’autore:
Sindbad. Treni, slitte e tappeti volanti (Torino 1993);
Le avventure di Sinbad (Roma 2012);
Dittico Ungherese (Manziana 2021).
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